IL VERBO SI FECE CARNE E IL FIGLIO DI DIO DIVENNE FIGLIO DELL’UOMO
Claudio Caporaso ha saputo fare della rappresentazione artistica la sua massima forma di espressione: fare arte, infatti, significa trasmettere le proprie emozioni, i propri sentimenti allo spettatore, ma anche saper trasformare un aspetto irrazionale in qualcosa di razionale, un’idea in qualcosa di concreto finanche saper plasmare la materia secondo quelle che sono le proprie emozioni, i dettami del proprio cuore e non solo della propria mente.
Ma fare arte è ancor più complesso quando si guarda al sacro: infatti raffigurare il volto di un Santo o di un Martire finanche il volto di Cristo se non di Dio significa scendere in un particolare che tocca la sensibilità di molte persone; significa rischiare di trascendere nel sacrilego, rischiare di trascendere nel patetico, rischiare finanche di trascendere nell’eretico. Claudio Caporaso, invece, nella rappresentazione di questo suo tondo raffigurante il volto di Cristo riesce a racchiudere in sé tutte quelle emozioni insite nell’animo umano, trasmettendole nel modo più semplice e chiaro possibile, senza troppi filtri iconografici.
L’opera raffigura, infatti, semplicemente il volto di Cristo: un volto non troppo sofferente, non troppo pietoso ma più ieratico, una sorta di antica icona raffigurante il Figlio di Dio, che serve al fedele per averlo bene in mente, per pregarlo, per implorarlo, per chiedere a Lui l’eterno perdono e la salvezza ultraterrena.
E il nostro lo fa selezionando attentamente anche il materiale che non è una mera scelta casuale ma fatta con cognizione di causa, che gli permette di legarsi a quel campo semantico ed emozionale che c’è dietro all’intera fede in Cristo e Dio Padre.
Claudio Caporaso sceglie come elemento cardine il legno che da sempre ha segnato la vita, nonché la raffigurazione, di Cristo: infatti è proprio su di una croce di legno che Cristo perde la sua vita per mano dell’uomo, ma lo fa per salvare proprio quell’anima umana che ne ha decretato la morte terrena.
Non semplicemente un grande segno di coraggio, ma soprattutto un grande segno di Amore nei confronti dell’Umanità che seppur peccatrice riceve la grazia della salvezza di Cristo!
Il nostro, inoltre, non si limita ad usare un solo legno ma ne sceglie ben due diverse specie: dimostrazione che dietro alle suggestioni emotive vi è anche una grande abilità tecnica nell’intagliare due diverse tipologie di legno (acero e rovere) che vengono poi ad intrecciarsi tra loro per dare forma ed essenza, cioè vita, alle diverse sfumature del volto.
Quest’opera merita di essere osservata con attenzione e soprattutto con profonda riflessione: non ci troviamo difronte a una semplice opera d’arte contemporanea, ma siamo davanti ad un mistero lungo più di duemila anni, che affascina intere generazioni e che qui riusciamo a percepire come reale e tangibile.
Quest’opera ci dona uno spettacolo unico nel suo genere: un turbinio di emozioni che si accavallano nella nostra mente per poi sfiorare il cuore, dove esplodono nella vastità dell’animo umano.
Questa è la forza della rappresentazione vitale del Cristo morto per la salvezza dell’essere umano di Claudio Caporaso.
CLAUDIO CAPORASO E IL SENTIMENTO DELLA SCULTURA
Claudio Caporaso ha saputo fare della scultura, e più in generale dell’arte, la sua massima e più intima forma di espressione, vera e sincera perché non celata dalla ragione.
Parlare di arte oggi è complesso ma mai quanto lo sia farla: il paragone con i grandi Maestri del passato è sempre lì, dietro l’angolo, pronto ad essere sfoderato per colpire ed affondare l’artista del momento che, nella sua visione e concezione più contemporanea, torna ad esprimere se stesso, oggi come allora.
La formazione del nostro di certo gli ha permesso di apprendere il meglio dagli antichi; si l’arte è fatta di espressione ma anche la tecnica ne è una costante fondamentale: senza di essa, infatti, la creazione contemporanea sarebbe solo il frutto dell’espressionismo che verrebbe però a sua volta svuotato di qualsiasi accezione tecnico-espressiva.
La sua maestria nel lavorare anzi nel plasmare la materia secondo la sua forma mentis non ha eguali: le sculture si fanno ora più classiche e ricercate, ora più visionarie quasi fantasy, finanche liberatorie, come un grido di quel sentimento nascosto dietro alla maschera della ragione che cerca di liberarsi dalle sue catene, dalla sua stessa materia per proiettarsi verso l’infinito mondo delle passioni emotive.
Ecco questo è Claudio Caporaso, un artista di cui è complesso parlare perché complesso è tramutare in parole il vasto panorama delle sensazioni che ruotano attorno al suo genio artistico, che fugge dalla convenzionalità a favore dell’invenzione, dell’innovazione finanche della sperimentazione artistica.
Essere artista oggi significa proprio questo: dare libero sfogo al proprio genio creativo che dopo essersi formato secondo gli antichi canoni, è capace di creare nuova arte, rinnovandone il linguaggio che in fondo riporta sempre alla concezione primordiale dell’artista.
Tutto è iniziato più di 17500 anni fa, nelle grotte di Lescaux, dove la necessità umana di comunicare (sine verbis) ha reso possibile la nascita e lo sviluppo delle prime forme artistiche, che hanno permesso all’uomo di lasciare traccia del suo passaggio su questa vita terrena.
Lode all’arte e a tutti gli artisti di ieri, di oggi e di domani!
DND: L’ARTE CONTRO LA VIOLENZA
Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai. (Oriana Fallaci)
La tematica femminile nel mondo dell’arte è da sempre portata avanti con dovizia di particolari, rappresentando ora l’arte stessa, ora la pittura, ora la propria musa ispiratrice finanche la pura essenza della bellezza.
Una bellezza che non svanisce nel tempo anzi trova nuova linfa vitale all’interno della concezione artistica del suo “creatore” che di pennellata in pennellata, di modellazione in modellazione viene perseguita con lungimiranza e determinazione dall’artista stesso.
Una tematica quella della donna, appunto, tanto cara agli artisti e ancora oggi al centro della cronaca per i terribili fatti che portano la violenza sulle donne a dominare i nostri giornali e le nostre orrende pagine di cronaca nera.
E’ per questo motivo che l’arte arriva, come può, in soccorso della sua stessa musa, della sua stessa fonte di ispirazione. Il progetto promosso da Paola Rabai e da Claudio Caporaso, infatti, è una denuncia sociale che attraverso l’arte porta alla ribalta una tematica viva che necessita di un intervento preventivo, al fine di destare il torpore dell’umanità avviando un processo rigenerativo di tutela e protezione delle donne vittime di tali orrori.
Ecco allora come si innesta al meglio l’operato artistico di Claudio Caporaso, un artista che ha saputo fare della scultura, e più in generale dell’arte, la sua massima e più intima forma di espressione, vera e sincera perché non celata dalla ragione.
Caporaso racchiude in sé una grande forza espressiva che ben si allinea con la capacità tecnica, fondamentale per il perseguimento dello scopo primario: comunicare, emozionare, stupire.
La sua maestria nel lavorare anzi nel plasmare la materia secondo la sua forma mentis non ha eguali: le sculture si fanno ora più classiche e ricercate, ora più visionarie quasi fantasy, finanche liberatorie, come un grido di quel sentimento nascosto dietro alla maschera della ragione che cerca di liberarsi dalle sue catene, dalla sua stessa materia per proiettarsi verso l’infinito mondo delle passioni emotive. Le opere di denuncia sociale contro la violenza sulle donne e contro la tirannia maschile nei loro confronti rappresentano un grido di dolore dell’umanità, che tenta di liberarsi dal dominio del terrore per tornare a splendere e sorridere al mondo.
Essere artista oggi significa proprio questo: dare libero sfogo al proprio genio creativo che dopo essersi formato secondo gli antichi canoni è capace di creare nuova arte, rinnovandone il linguaggio che in fondo riporta sempre alla concezione primordiale dell’artista.
Marco Grilli
Critico e Storico dell’Arte
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